mercoledì 3 novembre 2010

Romagna mia


Modena per me è una cuccia. Ci andavo nei week end quando dal Veneto volevo solo fuggire.
Un nord troppo nord, una nebbia troppo nebbia: quel muovermi in giù mi dava l'idea di poter rubare un pò di quel Sud che mi mancava troppo, senza dover affrontare viaggi che un Frecciarossa ancora da inventare rendeva estenuanti e il tempo a disposizione sempre troppo poco.
C'era la stessa nebbia, è vero, ma il calore lo sentivo. Sempre. Sentivo un rumore di fondo sotto quella nebbia: le risate e l' allegria di una regione che sembra, con la sua geografia un limite, un valico, un cuscinetto oltre il quale sai di dover lasciare quel calore.
Modena è il bar Schiavoni con i suoi irripetibili panini, che mentre fai la fila per averne uno, puoi fare un giro tra i colori del mercato là accanto. Quello che ti aspetta è un percorso del gusto in un solo morso: cotechino, crema di zucca, uvetta, aceto balsamico.
Modena è città di silenzi, di sapori testardi che non si lasciano imbastardire dagli usi di chi da queste parti ci è venuto 40 o 50 anni fa.
Modena è un Nord pieno di gente del Sud, che con piacere quei sapori li ha accolti e imparati.
Così Peppina, pugliese d'origine ma modenese di lontana adozione, prepara l'impasto de IL GNOCCO (che si dice proprio così), mettendoci un goccio di grappa che, dice lei, "toglie quell'unto". Ancora mi chiedo quale unto, essendo il gnocco fritto nello strutto...e mentre ti racconta in modenese gli ingredienti (che sono sempre quelli e che però ognuno ha i propri) ecco là che le esce uno svarione barese: "perchè uno i segreti, li deve dire nella sua lingua".